Eventi spettacolari, maxi-schermi, effetti speciali: siamo ancora in un club o siamo a Hollywood?

Bellissimo lo show… ma la musica?

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una trasformazione radicale dei live e dei festival di musica elettronica.

Palchi enormi, visual pazzeschi, laser, ledwall, fuochi d’artificio… a volte sembra di essere finiti in un parco a tema, più che a un evento musicale.


La domanda sorge spontanea:

È evoluzione o spettacolarizzazione?

Stiamo davvero migliorando l’esperienza… o stiamo perdendo il contatto con l’essenza della musica?


Il clubbing come esperienza sensoriale

Partiamo da un fatto: l’uso della luce, del suono, dell’estetica è parte integrante del clubbing. Fin dai primi rave illegali si sperimentava con visual, strobos, ambientazioni immersive.

La tecnologia oggi permette cose incredibili — e in sé non è un male.

Uno show ben fatto può amplificare l’impatto emotivo, far sentire il pubblico dentro la musica.


Ma quando lo show sovrasta il suono, qualcosa si rompe.

Pubblico da selfie, non da pista

Con l’arrivo dei mega-eventi, cambia anche il pubblico.

Sempre più persone vanno ai festival come se andassero a un concerto pop o a un evento modaiolo. Pochi sanno chi c’è in console, molti sono lì per dire “io c’ero”.



Cellulari alzati, contenuti per le storie, outfit studiati al millimetro: la pista diventa passerella, e la musica colonna sonora di uno shooting personale.

Chi è cresciuto col clubbing underground fatica a riconoscersi in questa dinamica. Il rituale del ballo, del perdersi nel suono, dello stare insieme senza filtri… sembra ormai fuori moda.

E i piccoli eventi? Invisibili.

Questa spettacolarizzazione ha anche un altro effetto: l’attenzione si concentra solo sui grandi format.

Tutto il resto — piccoli club, party indipendenti, eventi sperimentali — scompare nel rumore mediatico.

Gli algoritmi spingono solo quello che ha impatto visivo. Le grandi produzioni attirano sponsor, influencer, attenzione. Il resto resta invisibile, anche se spesso è lì che si sperimenta davvero.

Il rischio? Che la scena si appiattisca. Che tutto diventi spettacolo, e nulla più cultura.


Intrattenimento o connessione reale?

Non c’è niente di male nell’intrattenere. Ma il clubbing era — e può ancora essere — un’esperienza di connessione reale.

Tra persone. Con sé stessi. Con la musica.

Spettacolarizzare tutto rischia di rendere l’esperienza superficiale, standardizzata, vuota.

Un evento di musica elettronica non deve per forza essere un’esplosione visiva per avere valore. A volte basta un impianto che suona bene, un artista che comunica qualcosa, un pubblico che ascolta.

Conclusione: spettacolo o sostanza?

Questa non è una crociata contro l’innovazione. Ma una domanda aperta:

Quanto show ci vuole prima che la musica venga messa da parte?

Stiamo costruendo esperienze più profonde… o solo più instagrammabili?

La risposta, forse, dipende da tutti noi: da chi organizza, da chi suona, e da chi va in pista.

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